Avveduti 2017 “dove la natura assume le forme della cultura”, è la sesta edizione della rassegna d’arte “avveduti”, appuntamento annuale nello spilimberghese con l’arte contemporanea nonchè esperimento di collocazione di forme artistiche contemporanee fuori dai circuiti tradizionali, che siano quelli delle istituzioni o degli enti museali. L’evento, con sede presso lo spazio commerciale di Ottica Visus, dà forma a livelli diversificati di utilizzo dello spazio stesso, poiché fruire dell’esercizio pubblico non implicherà necessariamente la visione della mostra e, allo stesso modo, entrare in contatto con le opere non necessiterà di un’interazione commerciale con la sede espositiva.
avveduti 2017 vedrà la presenza di quattro artisti del territorio friulano il cui legante è la ricerca artistica sulla tematica del fiume, dell’acqua, dei sassi, nel tentativo di distruggere il dogma di molti secondo cui la cultura sia il surrogato di una natura umana carente, avente valore esclusivamente nella misura in cui permette di colmare le lacune nella capacità adattiva dell’uomo all’ambiente. Cosa sono, quindi, natura e cultura? Non si può sviluppare una riflessione su questi due concetti senza prendere in considerazione l’elemento intermediario e mediatore, l’agente e il principio di collegamento per eccellenza, ossia l’uomo stesso e il suo vivere. La natura è antesignana della cultura, ne è l’ispirazione, il fuoco, il cuore. L’acqua come fondamento della vita, e quindi della cultura, il sasso come antesignano della scrittura. La materia pietrosa porta inscritti, senza che vi sia stato intervento umano, rimandi all’alfabeto e ai numeri come risultato di antichissime vicende geologiche. E, come dice Giovanna Zoboli, “forse nel sasso in modo evidente la natura assume le forme della cultura senza intervento umano”. In questa edizione di avveduti vengono messi in discussione questi modelli di interpretazione dell’essere umano, consolidatisi nella cultura occidentale. Il sasso, materia autocostruitasi, si contrappone a una visione umanistica, connessa a l’idea di una centralità dell’essere umano nel contesto della varietà delle forme viventi. Dopotutto, è anche e soprattutto il corpo umano un curioso intreccio fra natura e cultura, erede di una lenta, lunga e onerosa selezione naturale e di una più rapida, ma non meno costosa, educazione culturale. La cultura è trasformazione e anche la natura che ci circonda oggigiorno non è altro che il risultato di selezioni sempre più antropologiche e culturali. La sorte e il destino della natura e di certi esseri naturali è nelle mani che riposano, che non scalfiscono, che vegliano. Tutto il resto è sasso, con la sua cultura che si autoproduce. A cura di chiara moro.
dal 04 al 25 febbraio . Walid Haddadin
dal 11 marzo al 01 aprile . Giuseppe Onesti
dal 03 al 24 giugno . Paola Gortan
dal 01 al 22 luglio . Bruno Vallan
Walid Haddadin
dal 04 al 25 febbraio 2017
La pittura di Walid Haddadin è ricordo e non copia dal vero, effettivo re-cordis, un tornare alla memoria insita nel cuore, sostenendo un pensiero che diventa rappresentazione. Il fiume Tagliamento come soggetto unico, la materia del fiume si fonde con la pastosità dei sogni, come una polvere che si addensa e crea forme; gli elementi naturali rappresentati sostano, in equilibrio, tra immaginazione ed esperienze di vita; il dipinto finale è ricerca concreta, ispirazione del momento e scavare nella memoria. La libertà emotiva e spirituale di Haddadin è immortalata in segni materici, graffi lievi ed eterei paesaggi. Dolci e naturali, gli elementi naturali si inseguono nella prospettiva in onde giocose, labirinti di nervi dai toni caldi, specchio della storia dell’artista stesso. Come un moderno Corot, i paesaggi vengono scomposti e gli oggetti assomigliano sempre più a quelli della nostra memoria, luogo in cui non è la definizione delle forme a restare vivida ma la forza vitale delle emozioni. Come in un alternarsi di morbide malinconie, aneliti di gioia e ricordi rincorsi, la proficua produzione di opere bucoliche crea una sorta di panorama onnicomprensivo, che dalla realtà tracima nel sogno, lasciandoci attoniti nel ritrovare paesaggi a noi cari e conosciuti in queste tele segnate dalla mano, frutto della mente, ma insite nel cuore.
Giuseppe Onesti
dal 11 marzo al 1 aprile 2017
Rimandi e illusioni, un astrattismo in cui è il figurativo ad emergere, come se fossero occhio e mente a richiederlo, nel voler ritrovare forme familiari nel colore. Sono i contrasti tonali a dare vita al linguaggio visivo di Giuseppe Onesti, come veicoli per la lettura, nell’espressione di emozioni e sensazioni. Un magma pittorico conscio e romantico, attento e indagatore, i cui colori, spessi e decisi, corposi e netti, emergono dallo sfondo nero, piatto e rigidamente monocromo, come un campo neutro, una tavolozza ben rassettata, una pausa, un non-colore la cui aggressività pone un punto di partenza, ponendosi come punto critico nei confronti di un inquinamento che trasforma il paesaggio, diventando ambiente naturale rinnovato a sua volta. Elementi rossi a sottolineare i passi che la (in)civiltà ha compiuto, objet trouvé sedimentati nel fiume Tagliamento, come ritrovamenti di antiche ere geologiche. Si entra nel supporto artistico immergendosi nella pastosità del colore, vivendone la pienezza e i contrasti, trovando mescolati pittorico e concettuale. Gli oggetti di Onesti si comportano come parole, come linguaggio non verbale sebbene iconico e come un moderno alfabeto, si arricchisce di allusioni e di rimandi, gioco contemporaneo nel creare corrispondenze codificate o di memoria personale, in base a chi vi entra in contatto.
Paola Gortan
dal 03 al 24 giugno 2017
Le opere di Paola Gortan rappresentano uno spaccato interessante dell’interazione tra natura e uomo. La lavorazione artistica, nel caso della Gortan relativa alla tecnica musiva, si modella come fosse natura in constante rinnovarsi, imponendo la propria fisicità e i propri necessari cambiamenti. Ne nascono opere vive, la cui tridimensionalità interagisce con lo sguardo dello spettatore. In un istintivo riprodurre e riproporre tratti tipici della natura, ritroviamo nella perfezione compositiva quella sottile imperfezione tipica delle forme create dalla natura, imperfezione che si interseca, si reinterpreta e dà vita a sempre nuovi assestamenti. Non è la logica a guidare la mano dell’artigiano musivo, ma la natura stessa a impossessarsi della composizione visiva, determinando le forme e la loro disposizione, aggraziando il tratto alla vista e innescando meccanismi inconsci di assimilazione dell’opera d’arte, in una sorta di ribaltamento del concetto che vuole la natura succube all’uomo e non viceversa. Il concetto riproposto è quello che definisce oggi la contemporaneità: la natura esiste nella misura in cui aiuta la coscienza che l’uomo ha di sé stesso; venendo a meno la auto-coscienza, paradossalmente, crolla anche il mondo. Ma non per questo cessa il costante e inconscio autorinnovarsi degli elementi naturali.
Bruno Vallan
dal 01 al 22 luglio 2017
Le opere di Bruno Vallan sono creazione e immaginazione pregne di ricordi, di suggestioni per i propri luoghi, per la natura del proprio territorio fatto di greti di fiumi e di un naturale levigare la pietra, metafora di un tempo che cura e lenisce, crea e sopisce. Il tratto pittorico, vivo e materico, attinge alle emozioni, sfocia dal rimestare dei pensieri. La forza dinamica del segno attrae in un labirinto di cui è risultato e osservazione. Labirinto che è quello della mente e della coscienza, la cui uscita diventa necessaria per definire la propria identità, se accompagnata dal sentimento. La tela, materica e increspata, viene esaltata dalla freschezza dei colori e u da un infallibile controllo dei toni, rivelando una modernità di concezione che stupisce e affascina. Estraneo alle vacuità e alle problematicità contemporanee, temi solitamente cari nelle arti moderne, la pittura di Vallan diventa un tutt’uno con il quotidiano, da cui nasce e da cui emerge. Le sue opere colpiscono chi le osserva, le si ama e ne si vedono le vene più profonde, ma, proprio per il loro essere arte che nasce dall’impulso e muore nell’affievolirsi delle emozioni, rischiano, quando non le si osserva, di diventare parte della nostra memoria, come un vento freddo che ci scuote dentro e di cui scompare la sensazione al primo raggio di sole. Figlie del pregiudizio dell’estetica contemporanea, le opere di Vallan appartengono a quella rara categoria di oggetti fascinatori che necessitano di osservazione, studio e concentrazione, per rimanere suggestione nella suggestione, emozione nelle emozioni.