spilimbergo

avveduti . Mavi D’Andrea

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Mavi d’Andrea
dal 6 luglio al 3 agosto 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

Giovani mani che tracciano linee dal chiaro rimando antico, la cura della linea, l’enfasi descrittiva del colore puro, la trama come immaginario. Una essenzialità cromatica scelta come condizione unica per tentare la pittura, per proporla in termini critici e insieme poetici, laddove il foglio bianco incarna la pulizia senza vezzi di un quotidiano ricercare forme diverse per diversi contenuti. Linea quale forma materica non vincolata da chiusure, geometrie e dettami, frutto dell’istintivo scorrere della mano, colore puro che quasi nasconde e contemporaneamente suggerisce nuove visioni, dettaglio che si fa cromia pura. Il tratto materico ingloba la finitezza dell’esecuzione, accorpando fermamente singole e definite inflessioni. Il progetto sviluppato da Mavi d’Andrea  è molto scarno, essenziale. Colore e segno si intrecciano nella loro singola completezza, dialogando su un piano che è quello delle infinite possibilità, la carta come veicolo, annullandosi a vicenda e inglobando uno le caratteristiche dell’altro. I disegni focalizzano l’attenzione sulla semplicità descrittiva che pochi tratti o addirittura chiazze di mero colore possono avere, un significante la cui forma rinvia  a un contenuto. L’unione di forma e argomenti e la relazione fra significante e significato definiscono il segno, illudendo circa una finitezza che rimane sempre incompiuta e sottolineando una nitida imprecisione.

A come avventura
B come bravura
C come costanza
D come dinamismo
E come euforia
F come freschezza
G come giallo
I come ilare
L come luce
M come minuzia
N come nitore
O come orecchio
P come paradosso
R come ricordo
S come sospiro
T come tela
U come uovo
V come vicino
Z come zenzero

ottica visus di vidotto vania
via cavour 39 — spilimbergo — dal martedì al sabato 8.30-12.30 // 15.30-19.30
T. 0427 40433 — info.avveduti@gmail.com — www.avveduti.org

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Antonio Crivellari . la scrittura intesa come elemento inglobante

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Antonio Crivellari
dal 1giugno al 29 giugno 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

 

Scrittura e pittura ragionano e si sviluppano in un confronto reciproco, attingendo l’una dal patrimonio espressivo dell’altra pur mantenendo ciascuna la propria autonomia e sondando in maniera differente le infinite sfaccettature della comunicazione, individuando come perno il segno.  Keith Haring nei suoi diari scriveva: “In pittura le parole sono presenti in forma di immagini. I quadri possono essere poesie se vengono letti come parole anziché come immagini”. La scrittura costituisce la concretizzazione della convergenza dei diversi tipi di espressione e comunicazione estetica, in grado di mediare l’imprescindibile interazione tra i vari segni. Nella ricerca di Antonio Crivellari la scrittura necessita di essere intesa come elemento inglobante e non come punto finale di un percorso visivo. Le lettere definiscono non solo l’effettiva segnicità dell’opera d’arte, ma anche la gestualità del segno intesa come punto dal quale partire, come traccia da seguire e come armonia di linee finale. Il colore e il segno grafico della scrittura si fondono restando, contemporaneamente, isolati, rimanendo concetti distinti e rintracciabili. Come finestre che si aprono grazie alla netta cornice bianca, superficie di tela al limite del quadro lasciata intonsa, i quadri perdono la loro chiusura di senso, la loro recinzione, per dialogare con le sfere del visuale e del cognitivo. La chiara delineazione amplia, in effetti, l’interazione tra la accurata ricerca legata al significato e alla traslitterazione e la precisione curata dell’armonia dei segni. Parola e segno si mescolano, la tela diventa carta e la carta perde la sua accezione di mera superficie, in un continuo rimando di specchi in cui la parola è protagonista e si sostituisce alle sfumature cromatiche con i toni e i timbri del linguaggio, nell’intenzione di dare alle lettere stesse la solidità delle rappresentazioni visive.

 

Tempo è mistero:
Vola come un soffio di vento,
A volte movimento d’ombra
Sott’acqua.

_

Brusio di note di mondi sonori.

_

Amerindia Pina dal virente cimiero come acclive diadema sul murreo tegumento.

_

Brulichio di visioni di mondi apparenti.

_

Innanzi al cristallo.

 

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Giulio Candussio . mosaico, dialogo con lo spazio, ricerca di armonie compositive

Giulio Candussio . mosaico, dialogo con lo spazio, ricerca di armonie compositive

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Giulio Candussio
dal 27 aprile al 25 maggio 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

“Un mosaico è un’immagine […] di frammenti di pietra, vetro-ceramica o altri materiali […] fissati per rivestire interamente o parzialmente una superficie piana, curva o anche tridimensionale e normalmente inserite in un contesto architettonico di cui dovrebbe essere parte integrante” (Peter Fisher).  L’evoluzione delle tecniche e il modernizzarsi del pensiero ha trasformato la tecnica musiva, mai mera rappresentazione, grazie alla costante ricerca di colori, luce e forma, dando modo ai progetti di essere reinventati e alla tecnica di avvicinarsi alla dimensione pittorica. La consistenza materica della molteplicità dei materiali che possono diventare tessere musive dà la possibilità di ottenere ampie campiture in continuo evolversi, grazie proprio alla luce  che taglia, attraversa e delinea gli elementi. Nella ricerca di corpi materici e forme che riuscissero a rendere concreto un pensiero e un progetto da lungo sondati, Giulio Candussio ha focalizzato il suo ultimo lavoro personale nel passaggio dall’uso dei materiali tipici dell’arte musiva, quali sassi e smalti, al costante selezionare sostanze e trame che possano dialogare fra loro non solo cromaticamente ma nella loro stessa essenza, quali legno, rame, ottone e via discorrendo. Le superfici cambiano, si addolciscono, perdono della loro brillantezza per donare una ampia gamma di sfumature e lievi linee, in continuo rapportarsi con l’ambiente, con la luce e con lo spazio, nel crearsi di nuove fisionomie. Cardine del discorso è il fattore materia-luce-colore, intrinseco alla questione musiva, e il processo di assimilazione all’architettura, intesa come opera di una collettività. Il mosaico è dialogo con lo spazio, ricerca di armonie compositive. È compito dell’architetto di inserire il mosaico nell’ambiente, in un connubio perfetto tra composizione e progettazione, contrastando la fossilizzazione delle scelte materiche e coinvolgendo nel suo divenire diversi elementi, superfici e spazi, affinché il mosaico non risulti essere un semplice banale esercizio di traduzione del cartone, ma piuttosto il risultato di un incontro in cui il progetto si anulli e lo stile dell’artista si fonda nel linguaggio delle tessere.

“Un mosaico è un’immagine […] di frammenti di pietra, vetro-ceramica o altri materiali […] fissati per rivestire interamente o parzialmente una superficie piana, curva o anche tridimensionale e normalmente inserite in un contesto architettonico di cui dovrebbe essere parte integrante” (Peter Fisher)
_
Trovarmi pioggia per poi caderti dentro
in lacrime di amori,
ritrovarmi mosaico
come punta d’angolo fra specchi di sole
od una rosa al vento che piega il sentire.
_
Così immenso, così disperante da concepire, come quelli che due volte accaddero. Separazione è quanto sappiamo del cielo, e quanto ci basta dell’inferno.
CIT
_
Da un lago di gabbiani.
bianchi e affamati…
Vicino all’acqua d’inverno.
io e lei sollevammo.
un rosso fuoco.
(Pablo Neruda)
_
Ma dove finisce il cielo?
_
Riluce il giorno aperto agli uomini d’immagini. (Friedrich Hölderlin)
_
Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
_
Aspetto, passano i treni, il caso, gli sguardi. (Pedro Salinas)
_
Se c’è una rosa Angela di più è primavera. Una rosa tu sei, vieni a piantare una rosa nei sogni miei.
_
Ma ancora non canto.
_
Si possono fare con i chiodi delle piccole lame per coltelli.
_
Avevo due anni e pochissimi capelli in testa. Io correvo e piangevo.
_
Tornano affannate nella notte, quando tacciono, per sentieri senza luna, ombre di fate, echi di maciarói e, a fior d’acqua, chiome diffuse. (Novella Cantarutti)
_
Finalmente si può urlare liberamente.
_
Si passano le strade deserte dove le case banche o gialle o lilla sanno di tufo e di sonno e si incontrano i capi incolti.
_
Si corre più forte, con i calzoni corti e le ginocchia sbucciate; si arriva dove si doveva arrivare.
_
Si aspetta, si appoggia un orecchio a terra come al cinema.
_
Correvo intorno al cespuglio di biancospino cercando di sfuggire al suo becco affilato.
_
L’estate ce ne venivamo in campagna ad abitare nelle due stanzette dal tetto d’eternit e con i letti di paglia, io, mia mamma, mio papà, i miei nonni e mia sorella.
_
Una porta si aprirà lentamente. E allora vedrò cosa c’è dietro. C’è l’avvenire. (Simone de Beauvoir)
_
Una lava di arance, una colata di morte, come un lento pianto doloroso. CIT

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Alfredo Pecile . assegnare valore estetico a ciò che aveva solo valore funzionale

Alfredo Pecile . assegnare valore estetico a ciò che aveva solo valore funzionale

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Alfredo Pecile
dal 23 marzo al 20 aprile 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

 

Creatività, riciclo e installazione sono le parole chiave nel descrivere il lavoro ad hoc sviluppato dallo scultore Alfredo Pecile all’interno degli spazi dell’ottica Visus. Gli occhiali restano protagonisti, non solo dell’attività primaria dello spazio espositivo, bensì anche e soprattutto della realizzazione artistica contemporanea. La plastica, le parti in vetro, i componenti del supporto visivo danno modo all’artista di evitare il ruolo di censore; resta il compito di farci vagheggiare un altro mondo possibile, dove niente è inevitabile e tutto può diventare altro. L’oggetto in plastica, con una precisa funzione di partenza, viene guardato, scrutato, successivamente frammentato, riassemblato, “riciclato” in altro, nuovo e diverso, nel tentativo di assegnare valore estetico a ciò che aveva solo valore funzionale. L’autore sceglie stranianti uccelli e bizzarre lische di pesce per dialogare sulla attualità, attraverso raffigurazioni a volte umoristiche e a volte amarissime, sempre comunque liriche. La materia si trasforma nell’inglobare elementi quotidiani e materiali di scarto, nel dialogo giocoso e spassionato tra colore, forma e richiami alla natura. Le creature di Alfredo Pecile prendono vita scambiandosi attenti sguardi, imbastendo conversazioni serrate e vivendo, comunque, ciascuno delle proprie caratteristiche intrinseche. Installazione e scultura dialogano nello spazio, in una dimensione mai ben definita e in continuo mutare, come mutevole è la relazione tra gli animali stessi, labile e allo stesso tempo indissolubile. Ad un primo sguardo pettoruti ed arroganti, le creature di occhiali si disvelano poi fragili esseri impauriti, buffe caricature di sé stessi, in cerca di identità e luogo, frammentati e ricomposti in impossibili universi, rappresentazione puntuale e realistica della condizione umana contemporanea. La materia di cui sono composti, poi, è il fil rouge della esposizione, pezzi di occhiali di scarto assemblati nel creare creature fantastiche e animali onirici, uniti dalla più stretta delle relazioni attraverso lo spazio espositivo. Un progetto atipico, nel tentativo di poter, un giorno, riuscire a far interagire realizzazioni artistiche e oggetti di uso quotidiano nei propri luoghi di appartenenza.

Gli dei hanno tenuto nascosto ciò che spinge gli uomini a vivere. Esiodo, le opere e i giorni.
_
Voci ideali e care.
_
Oggi arrivano i barbari. Che aspettiamo raccolti nella piazza?
_
Oggi arrivano i barbari. Sdegnano la retorica e le arringhe.
_
E adesso, senza barbari, cosa si farà di noi? Erano salvezza per noi.
_
Le grandezze paventa, anima.
_
Giungi ad Artaserte, al grande re, che benigno t’ammette alla sua corte e t’offre satrapie, cariche, onori. (Costantino Kavafis)
_
Un vecchio. Ormai spossato e curvo, deformato dagli anni e dagli abusi, lentamente cammina per la via.
_
Fuori, per via, la turba non sente nulla, con le orecchie dure.
_
Casa, ritrovi, mio quartiere: ambiente ch’io vedo, e dove giro: anni dopo anni.
_
Allora entrò Joan con la sua frusta nuova e indossò il vestito da domatore, le scarpe da domatore, il sorriso da domatore…e i capelli d’argento.
_
Tutto sentimento ti sei fatto, per me.
_
A. ha due nonni che su una nuvola giocano a tressette. (Stoppa)
_
A. si ribella a joker e la sua mamma ride come una matta. (Stoppa)
_
A. Quando va a scuola avanza come un gambero. (Stoppa)
_
E lo fecero re di tutti i mostri selvaggi (Sendak)
_
I mostri selvaggi ruggirono terribilmente, digrignarono terribilmente i denti, rotearono terribilmente gli occhi e mostrarono gli artiglia orrendi e Max saltò nella sua barchetta e agitò la mano in segno di saluto. (Sendak)
_
La leggerezza del passo separa chi sprofonda nella neve da chi ci cammina sopra.
_
In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso. (Aristotele)
_
La natura è piena d’infinite ragioni che non furon mai in isperienza. (Leonardo da Vinci)
_
Non è la più forte delle specie che sopravvive, nè la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti. (Charles Darwin)
_
La natura è un tempio dove pilastri vivi mormorano a tratti indistinte parole; l’uomo passa, tra foreste di simboli che l’osservano con sguardi familiari. (Charles Baudelaire)
_
La natura è spesso nascosta, qualche volta sopraffatta, molto raramente estinta. (Francis Bacon)
_
Bruciato è il paese, affinché sembri ciò che era.
_
Le biciclette sono scivolate nella sabbia con i pedali in aria, l’acqua era grande, lucida e nera come fosse catrame, le onde rotolavano piano, in un sussurro, e ci arrivavano tiepide fino ai piedi. (Raffaello Baldini)
_
Finita! Basta con l’attesa!

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Gianni Bortolussi . icone di una rinnovata contemporaneità

Gianni Bortolussi . icone di una rinnovata contemporaneità

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Gianni Bortolussi
dal 16 febbraio al 16 marzo 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

 

La tecnica del ritratto affonda le sue radici all’alba dei tempi, mantenendo intatte nel suo evolversi quelle caratteristiche essenziali tali da renderla sempre la più istintuale delle metodologie d’arte. L’uomo, sin dalla nascita, riconosce nei tratti del volto della madre quelle che saranno poi le fisionomie da ricercare non solo negli altri esseri umani ma addirittura nella visione di edifici e paesaggi. Sin dalla metà del XVI secolo si inizia a distinguere tra imitare e ritrarre, in quanto al ritratto viene dato un valore superiore, rispetto alla semplice qualità di mimesi dell’imitazione, attraverso la capacità di cogliere al di là dell’immagine esteriore stessa della persona effigiata. Dalle parole di Renzo Chini: “Ritratto è esprimere una persona mediante la sua effigie. Il ritratto, perciò, occupandosi della persona, che è una unità fondamentale di pensiero, sentimento e azione, è sempre ritratto psicologico, altrimenti la figura umana viene ridotta al rango della rappresentazione di una bottiglia o di una coppia d’uova.” Ritratto quindi come esaltazione delle caratteristiche intrinseche all’essere umano, nella ricerca di linee ordinate e familiari, alla rincorsa di un attimo che sia la piena figurazione di sentimenti e sensazioni. Il mezzo fotografico alimenta questa ricerca, frutto del costante osservare e ricercare nelle sfaccettature di ciò che ci circonda. Le fotografie di Gianni Bortolussi, risalenti ai primi anni ‘80, delineano, nell’immediatezza del momento rubato, fisionomie che si distaccano da tempo e luogo per diventare icona di una rinnovata contemporaneità.

Saranno stupidaggini, ma a me pareva che la realtả si fosse tirato via il velo, e le sue forme immobili ci fissassero.  Tenemmo occupato il paese due o tre giorni, col petto e il viso rivolti a quelle forme. Poi andammo via, e io a Gena non ci ho più rimesso piede. (Meneghello, Piccoli maestri)
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L’eloquenza è una pittura del pensiero; e quindi quelli che, dopo aver dipinto, aggiungono altro ancora, fanno un quadro invece di un ritratto. (Blaise Pascal)
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Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare. (Daniel Pennac)
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“Era uno scapolo intorno ai cinquantacinque, basso di statura e con un tic agli occhi. La sua passione era dare brutte notizie: terremoti, aerei precipitati, crolli di edifici con vittime, incendi e alluvioni.”
_
“Lavorava da solo, faceva il giardiniere. Si alzata ogni mattina alle cinque, spostava gli annaffiatoi, rastrellava la terra nelle aiuole di fiori, piantava e potava e bagnava, tagliava l’erba con quella macchina rumorosa, spruzzava i disinfestanti chimici, spargeva e interrava letame e fertilizzante. Teneva appesa alla cintura una radiolina da cui attingeva un flusso continuo di notizie tremende.”
_
“Luna, vedova, insegnante, sui quarantacinque, si era asciugata il sudore della fronte con un fazzoletto.”
_
“Erano ventidue anni che viveva nel kibbutz e sul suo libretto di lavoro non c’era segnato neanche un giorno di assenza per malattia. Grazie a lui l’abitato era una festa di colori. Ovunque ci fosse uno spazio libero piantava fiori di stagione.”
_
Le fotografie sono la nostra memoria nel tempo, quando i nostri ricordi iniziano a perdersi nel tempo che passa. (Silvana Stremiz)
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“Roth era basso e calvo, con due enormi orecchie a sventola, brontolava dal suo angolo.”
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“Ben è un grande scacchista. Vede sempre cinque mosse avanti. Il guaio è che per lui è tutto sempre solo un gioco di forze.”
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“Aveva la tendenza a usare parole solenni. Insegnava in terza e faceva bellissimi disegni a matita che stavano appesi alle pareti di alcune delle nostre piccole case. Aveva un viso rotondo e sorridente, con le ciglia lunghe, ma il collo era un po’ rugoso, le gambe molto magre, e non aveva quasi seno.”
_
“Moshe ha sedici anni, è magro, alto, malinconico e occhialuto.”
_
“Ariela era una divorziata alta e magra dal collo sottile, i capelli lunghi e due occhi ridanciani, uno dei quali lievemente strabico. Aveva l’infantile abitudine di confondere i suoi “s” e “sh”. In casa sua teneva un vecchio gatto e un cane giovane che convivevano pacificamente.”
_
“È arrivato con indosso una camicia bianca senza tasche chiusa sino all’ultimo bottone e un berretto nero. Ben presto ha iniziato a vestirsi come noi: scalzo, pantaloni corti e canottiera.”
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“David era un uomo deciso e fisicamente ben piantato, con due spalle robuste e il collo taurino. I baffi folti e curati erano screziati di bianco. Era sempre ironico, e la sua voce profonda e pacata esprimeva sicurezza.”
_
“Quasi tutti i membri del kibbutz erano abbronzati, muscolosi e ben piantati, Yoav invece era un ragazzo allampanato, un po’ curvo, pallido, con due grandi orecchie, rasato alla bell’e meglio, distratto quando non pensieroso.”
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“Avner era un ragazzo chiassoso, irascibile, la testa rotonda coperta di setole adagiata direttamente sulle spalle, quasi senza collo, le braccia robuste, da pugile.”
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“Era un uomo cocciuto e un po’ supponente, magro, con i capelli grigi e ricci duri come fil di ferro, due occhietti neri e penetranti, un paio di sopracciglia folte, guance scavate, spalle cascanti e il respiro che fischiava rumorosamente per via dell’enfisema.”
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Inesistenti rughe di un autoritratto sbiaditoritraggono impenetrabili geroglificinel volto chiuso della sera, confondendo in espressioni svaniteacri pensieri di paneinghiottiti come dolci veleni. (Gaspare Serra)
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Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate. (Diane Arbus)
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La cosa migliore di una fotografia è che non cambia mai, anche quando le persone in essa lo fanno. (Andy Warhol)
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ritràtto 1. da ritràrre nel senso di ricavare l’effigie di alcuno. Figura umana dipinta o scolpita, somigliante alcuna particolare persona: altrimenti effigie, immagine, simulacro
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Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l’immagine di un’idea. (Tiziano Terzani)
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« Di donna Prassede, quando si dice ch’era morta, è detto tutto. » (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Capitolo XXXVII)
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I suoi occhi hanno sottili venature cremisi in prossimità delle ciglia e paiono quelli di una gazzella impaurita. (Kokkoka)
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“Bell’azione, Carmione”. “Bellissima, certo, e degna di una signora che discende da una stirpe di re tanto grandi”. (Plutarco)
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Ritratto.
Sinonimi: effigie, figura, affresco, panorama, descrizione, raffigurazione, rappresentazione, immagine, relazione, esposizione, fotografia, incarnazione, personificazione || Altri termini correlati: inventario, profilo, quadro, racconto, rapporto, concetto, simbolo, spettacolo, aspetto, corpo, fisico, personaggio, tipo, bollettino, commercio, contatto, legame, movimento, riguardo, rispetto, verbale, commento, sviluppo.
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“Lui le parlava e strizzava gli occhi, lei stropicciava il fazzoletto fra le dita. Lei indossava un grazioso vestito estivo con le spalline. E diceva un gran bene dei giardini, tutta opera di lui.”
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La macchina fotografica può rivelare i segreti che l’occhio nudo o la mente non colgono, sparisce tutto tranne quello che viene messo a fuoco con l’obiettivo. La fotografia è un esercizio d’osservazione. (Isabel Allende)

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Stefano de Toni . la magia per un punto di vista insolito del nostro quotidiano

Stefano de Toni . la magia per un punto di vista insolito del nostro quotidiano

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Stefano de Toni
dal 12 gennaio al 9 febbraio 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

 

La fotografia aerea tende a sottolineare l’importanza e la bellezza di un territorio dalle innate e uniche caratteristiche, sia culturali che paesaggistiche, racchiudendo in sé la magia per un punto di vista insolito del nostro quotidiano attraverso l’uso dei mezzi che la rivoluzione tecnologica, sempre più imperante, ci ha dato modo di creare. Appassionato di fotografia da quindici anni, Stefano De Toni ha avuto la sua massima evoluzione passando dall’analogico al digitale, nella ricerca di un percorso che unisse idealmente il proprio lavoro primario, nel campo elettronico, con la passione per la natura e la riproduzione fotografica. L’utilizzo di droni radiocomandati per la fotografia aerea a bassa quota ha aiutato a migliorare una tecnica frutto di scatti in sequenza e di una accurata post-elaborazione, nel creare prospettive che nessun altro aeromobile potrebbe realizzare, sia per questioni di mero movimento, sia per la quota difficilmente raggiungibile. Specializzato, per passione, in edifici storici, vecchi manieri, paesaggi e strutture inanimate, cattura particolari che da un punto di vista diverso riescono ad essere valorizzati in altra e più originale veste, ampliando il suo già vasto repertorio di nuove e accattivanti viste aeree.

 
Da quando l’uomo ha cominciato a muovere i suoi passi su questo pianeta, l’orizzonte che separa le cose vicine e terrene dagli inaccessibili mondi ultraterreni è stato lo sfondo di tutte le sue attività.
_
Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di viaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.
(Baudelaire)
_
Cirri, altostrati, cumulonembi, scie di condensazione, cumuli mammati.
_
Leonardo progettò per anni le sue macchine volanti.
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Nel 1960 il primo satellite meteorologico della NASA produceva confuse immagini in bianco e nero da ricomporre a tavolino sotto forma di mosaici di fotografie.
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A milioni di anni luce da noi accadono eventi di spaventosa violenza.
_
Il cielo ha sponsorizzato sogni con la traccia improvvisa di una stella cadente.
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Il cielo non esiste.
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Burrasca, tempesta, fortunale, mareggiata, uragano, ciclone.
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Come una balena che vola senza peso nell’aria, spaventosa a vedersi, eppure buona. (Dino Buzzati)
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Ho tenuto questo filo improbabile, vegliare, il cuore oscuro, vegliare perfino invecchiare. (Jean-Pierre Abraham)
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Cumulus humilis, annunciatrici di bel tempo.
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La tempesta: Shakespeare una commedia, Vivaldi un concerto, Verga nei suoi Malavoglia, Melville nel suo Moby Dick.
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Nelle stanze del tempo spicco il volo. (Alain-Fournier)
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E verso l’interno qualche nuvola dal cielo che si butta giù. (Enrico Ruggeri)
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Dall’alto la terra è più seducente, dal cielo i punti di vista sono più sorprendenti.
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I voli di Dedalo e Icaro a Koensu, l’alato dio egizio, gli esperimenti del poliedrico Leonardo da Vinci, i decolli dell’ingegnere prussiano Otto Lilienthal e i costruttori di biciclette Orville e Wilburn Wright.
_
Staccare i piedi dal suolo è sempre stato un atavico desiderio dell’uomo.
_
Dietro le tempeste e le folgori, oggi, non vediamo più dèi iracondi e gelosi, ma un senso di smarrimento rimane, una sorta di vuoto che si colma soltanto quando la burrasca è passata.
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Nessuno ha idea di quanto viaggino le nuvole, di come il cielo sopra di noi sia un continuo incrociarsi di disegni incomprensibili, e di colori che possono gelare il sangue o bruciarlo in un attimo. Nessuno ha idea di come i cieli colorino i volti e gli sguardi, mentre le luci artificiali danno sempre la stessa immagine, rendono fisse le espressioni e persino gli stati d’animo.
(Roberto Cotroneo)
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La sterna artica compie ogni anno il periplo della terra tra artico e antartide.
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Fin dal mito di Icaro i più straordinari ingegni han cercato di salire in alto.
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Galileo Galilei guardava al cielo quando, con il suo cannocchiale, il 9 ottobre 1604, all’improvviso vide apparire la “stella nova”.
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Lui ho sentito, e di volo mi precipito qui. Ho uno scopo: dirti la bella primizia, e così farmi dare qualcosa, da te, acquistare per sempre favore. (Sofocle, Trachinie)
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La prima frase resterà per me la chiave di volta della magia, ‘Era una notte straordinaria’. Ogni volta che rileggo quella frase passa in me la stessa piccola scossa, quella di un bambino meravigliato dal respiro delle foreste. La magia funziona ancora oggi. Divento di nuovo lo stesso bambino meravigliato. (Pierre Vial, Rinascita)
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L’odissea di Ulisse è costellata di tempeste che rendono il cielo scuro come il piombo e scatenano i venti impetuosi dell’otre di Eolo.
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Non ci separano che sette o otto anni dal tempo in cui il giovane Proust piangeva lacrime di entusiasmo vedendo il primo aereo alzarsi nel cielo di Balbec. (Marguerite Yourcenar, Quoi? l’Èternité)
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Passa la pesante estate, poi l’autunno nebbioso. L’inverno non promette meglio.
 

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Giulia Rioda . connessioni

GIULIA RIODA
dal 05giugno2012 al 30giugno 2012
a cura di Chiara Moro

Connessioni vuole esplorare le possibilità del make-up al di fuori del suo ambito usuale. Il viso diventa tela per una forma d’arte che non si limita più a ricoprire un supporto, ma lo segue e si adatta ad esso, cercando allo stesso tempo un collegamento con il mondo esterno. Ogni trucco non rappresenta qualcosa di preciso o un oggetto particolare, ma è raffigurazione astratta di un’immagine nel suo insieme.

Non c’è blu senza il giallo e senza l’arancione
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Non essere gelosa del sole che dipinge il cielo per te.
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“Ma come! Non avete vetri colorati? vetri rosa, rossi, azzurri, vetri magici, vetri paradisiaci? Spudorato! avete la sfrontatezza di girare per i quartieri poveri, e non avete nemmeno vetri che fanno vedere la vita in bellezza!”

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I colori sono i veri abitanti dello spazio. La linea non fa che viaggiarvi attraverso e percorrerlo; essa passa soltanto
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La sfumatura sola accoppia il sogno al sogno e il flauto al corno.
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Credo che il metodo più sicuro per giudicare un quadro sia quello di non riconoscervi, in principio, nulla.
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Il disegno e il colore non sono affatto distinti. Man mano che si dipinge, si disegna. Più il colore diventa armonioso, più il disegno si fa preciso.
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Si dovrebbe provare simpatia per il colore, la bellezza, la gioia di vivere. Quanto meno si parla dei mali della vita, tanto meglio è.
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“Hai gli occhi mutati di uno strano colore” “È perchè i miei occhi vedono il tuo viso strano.”
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A guardarlo non lo vedi.
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Il colore come da noi è percepito è una funzione di tre variabili indipendenti; io credo che almeno tre siano sufficienti credo, ma il tempo mostrerà se avrò avuto ragione.
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Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è una liberazione.
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“C’era una stella sola e limpida nel cielo colore di rose, un battello lanciò un addio sconsolato, e sentii in gola il nodo gordiano di tutti gli amori che avrebbero potuto essere e non erano stati.”

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Agitare appena le foglie di tè, di modo che l’acqua bollente ne assuma lieve il colore.
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I tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo.
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Il colore del vento.
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Guardate il sorriso, guardate il colore.
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Fantastica ed irreale sensazione ricolma di risonanze arcane.
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Ho sognato nella mia vita, sogni che sono rimasti sempre con me, e che hanno cambiato le mie ide; son passati attraverso il tempo ed attraverso di me, come il vino attraverso l’acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente.
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Ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino.
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Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita.
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Il colore in determinati posti ha il grande pregio di far sembrare più energici i profili e i piani strutturali.
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Non si è soliti colorare i piedi dell’albero di bianco. La forza della corteccia scaturisce dal profondo del colore.
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Quando lavoro, con i miei pennelli, non penso ad applicare un trucco, ma a impreziosire il volto con le sue caratteristiche secondo la personalità e lo stato d’animo del soggetto.

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Marta Lorenzon . Alice

MARTA LORENZON
dal 08maggio al 02 giugno 2012
a cura di Chiara Moro

Il progetto proposto consiste in una serie d’illustrazioni raffiguranti Alice nel suo Paese delle meraviglie. Il taglio – o forse sarebbe opportuno parlare di “punto di Vista” – è atipico: il “viaggio” di Alice, dove l’Io si perde e dove non esiste alcuna regola se non quella della “metamorfosi”, non avviene in una realtà onirica o fantastica bensì nel nostro mondo quotidiano, tra le situazioni di ogni giorno; vissute attraverso i grandi occhi di un bambina prossima all’adolescenza.

“Al nereggiar dell’alba – nel lor giardino, in fretta,
tagliavano un pasticcio – l’ostrica e la civetta.”
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Bisognava ora mangiare i confetti; cosa che cagionò un po’ di rumore e di confusione, perché gli uccelli grandi si lagnavano che non avevano potuto assaporarli, e i piccoli, avendoli inghiottiti d’un colpo, corsero il rischio di strozzarsi e si dovette picchiarli sulla schiena.
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– Bagnata come un pulcino, – rispose Alice afflitta, – mi sembra che il tuo racconto secchi, ma non asciughi affatto.
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Era tempo d’uscire, perché lo stagno si popolava di uccelli e d’altri animali cadutivisi dentro: un’anitra, un Dronte, un Lori, un Aquilotto, ed altre bestie curiose. Alice si mise alla loro testa e tutti la seguirono alla riva.
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La vispa Teresa
avea su una fetta
di pane sorpresa
gentile cornetta;
e tutta giuliva
a chiunque l’udiva
gridava a distesa:
– L’ho intesa, l’ho intesa! –
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– Ti dovresti vergognare, – si disse Alice, – figurarsi, una ragazzona come te (e davvero lo poteva dire allora) mettersi a piangere. Smetti, ti dico! –
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Che curiosa impressione! – disse Alice, – mi sembra di contrarmi come un cannocchiale!
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Subito Alice pensò che la chiavetta appartenesse a una di quelle porte; ma oimè! o le toppe erano troppo grandi, o la chiavetta era troppo piccola.
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A un tratto si trovò accanto a un tavolinetto, tutto di solido cristallo, a tre piedi: sul tavolinetto c’era una chiavetta d’oro.
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“Lewis Carroll, quest’uomo che non avrebbe mai scritto il mirabile Alice se non avesse avuto il difficile privilegio di assistere alla catastrofe delle parole.”

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Ora, qui, per restare nello stesso posto, deve correre più velocemente che puoi. Se vuoi arrivare da qualche parte, devi correre due volte più veloce. (Alice attraverso lo specchio)
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«Se viceversa,» continuò Tweedledee, «così fosse, potrebbe essere; e se così non fosse, sarebbe; ma dato che non è, non si dà. È logico.»
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“Sono in quella fase della vita in cui, non essndo più solo miope, ma anche presbite, e non volendo andare in giro con una bottega d’ottico con me, sono sempre indeciso fra portare gli occhiali da miope e strizzare gli occhi per vedere meglio, e stare senza lenti e sentirmi poco dopo nella nebbia.”

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Sei capace a fare le somme?» chiese la Regina Bianca. «Quanto fa uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno?»
«Non so», rispose Alice. «Ho perso il conto.»
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Quando uso una parola», Humpty Dumpty disse in tono piuttosto sdegnato, «essa significa esattamente quello che voglio – né di più né di meno.»
«La domanda è», rispose Alice, «se si può fare in modo che le parole abbiano tanti significati diversi.»
«La domanda è,» replicò Humpty Dumpty, «chi è che comanda – tutto qui.»
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Alice rise: «È inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.»
«Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina.
«Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno.
A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.»
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http://undo.net/it/mostra/139346
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Aveva una o due volte data un’occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non v’erano né dialoghi né figure, – e a che serve un libro, pensò Alice, – senza dialoghi né figure?
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Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella, senza far niente.
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Alice,  molto annoiata dallo studio e dalle regole che le vengono imposte, vede un giorno sbucare dallo schermo del suo computer un coniglio bianco.

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Barbablu Film . l’acqua della vita

BARBABLU FILM
dal 10aprile al 05maggio 2012
a cura di Chiara Moro

Br: Ehi, tu, dimmi delle acque del tuo pianeta.
Bl: Qui non c’è acqua ma soltanto roccia, roccia e non acqua.
Br: Neanche una goccia di pioggia? Una pozza, una sorgente? Suono d’acqua almeno?
Bl: Qui c’è solo secco sterile tuono senza pioggia.
Br: Se vi fosse acqua ci fermeremmo a bere.
Bl: Nessuno ha mai bevuto l’acqua della vita.
Br: Sento una voce gioiosa cantare laggiù. Qualcuno deve aver trovato l’acqua.

Radici dall’acqua, live riaffiorare, sottile azzurra presenza.
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Nella pozza.
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Il sapere assomiglia all’acqua di mare. Tanta piu se ne beve, tanta piu se ne ha sete.
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“Mi piacerebbe conoscere il direttore d’orchestra dei temporali. Maneggia la macchina dell’acqua a una tale velocità! Dal frastuono delle cateratte al mormorio delle fontane.”
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In acqua non ero costretto a parlare con nessuno ma solo a nuotare. Per anni l’acqua è stata il mio rifugio, poi è diventata la mia prigione.
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Muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta verità.
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http://vimeo.com/41066852
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Devo ricordare di comprarmi l’acqua, la terra, l’aria e il fuoco.
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Minuscole onde circolari posavano l’acqua del lago sulla riva, come spedite, li, da lontano.
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“Rivedevo lo stesso oceano con le stesse onde, sempre immenso, triste e mugghiante su quegli scogli.”
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Fece qualche giornata di cattivo tempo che passai nella mia stanza ad ascoltare la pioggia mentre cadeva sulle tegole di ardesia.
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“Coperti dalla sabbia sporgevano scarpe vecchie, ma non del tutto consumate, e sempre singole, spaiate, come se dall’altra parte del mare vivessero ciclopi monopiedi.”
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Sento il mormorio della pioggia, io sussurro un segreto per entrarvi dentro.
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Il mare è un muro, sento i gabbiani gridare, accennano un saluto.
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Vento grande e lento, dalla biblioteca del mare, qui io posso riposare.
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Silenzio color cenere, passa il gigante azzurro, fredda brezza dal mare.
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Uno fregio di nuvole fece scendere un’ombra sul paese , e un vento impetuoso spianò i prati che volavano oltre gli ulivi e le distese di rosa e di malva.
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Nubi discesero a seppellire gli edifici sull’acqua, e l’acqua era muta.
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Le nuvole sono polmoni di luce.
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Quella notte la luna andava alla deriva sullo stagno, trasformando l’acqua in latte.
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“Ci guadagno il colore del grano.”

Posted by admin in avveduti 2012

Paola Giacomuzzi . ricerca sul colore

PAOLA GIACOMUZZI
dal 13marzo al 07aprile 2012
a cura di Chiara Moro

Questo lavoro nasce da una ricerca sul colore come elemento fondamentale e costruttivo dell’immagine. I 9 scatti sviluppano un percorso sui toni del blu, giallo, grigio, escludendo il rosso e indagando la profondità del nero. La luce irrompe nelle immagini talvolta come un lampo, talvolta come un abbraccio all’interno del quale prendono vita tutti gli elementi, organizzati secondo una precisa geometria costruttiva.

Il colore coinvolge con la stessa forza artisti, ma anche fisici, fisiologi, neuroscienziati, psicologi, perché il colore è luce, radiazione, energia, stimolo visivo ed emozionale.
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“Dove mi poso prendo colore.”
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Luce iridescente, grigiore madre-perlato, visione fra sogno e realtà.
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Spargere un po’ di luce sui principii generali della variazione.
_In una immagine disegnata, dipinta o fotografata, la luce costituisce un mezzo espressivo di grande efficacia.
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Vi è una grande varietà di meccanismi diversi per produrre il colore.
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In natura la luce può essere prodotta già colorata.
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In generale, miscelando tre soli colori di base, si possono ottenere delle sensazioni cromatiche equivalenti a molti altri colori.
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È esperienza comune che gli oggetti si presentano per lo più con un colore ben definito.
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Luci e colori svolgono un ruolo centrale nel modificare la percezione di uno spazio o di un oggetto.
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Elementi di Grafica Digitale
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Costruire // dal latino costruĕre, composto da con- e struĕre ovvero ammassare.
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Il futuro dei colori sembra orientarsi verso un atteggiamento più rispettoso del pianeta.
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Raggi visuali.
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Geometria // dal greco antico γεωμετρία, composto dal prefisso geo che rimanda alla parola γή = “terra” e μετρία, metria = “misura”, tradotto quindi letteralmente come misurazione della terra.
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La base del cono ottico (il cerchio visivo) è determinato dall’intersezione dei raggi visuali con il quadro.
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Il colore può essere interpretato in diversi modi: come elemento puro e astratto, come fenomeno legato alla materia oppure come strumento capace di evocare atmosfere.
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Geometria Solida Costruttiva (CSG).
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I colori attraverso la loro evidente visibilità e i netti contrasti sono efficaci mezzi comunicativi.
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Oggetti reali e virtuali possono essere rappresentati da solidi elementari.
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Punto di vista (PV): punto dove si immagina l’occhio dell’osservatore.

Posted by admin in avveduti 2012