Giulio Candussio . mosaico, dialogo con lo spazio, ricerca di armonie compositive

avveduti 2013 . nessuno è profeta in patria
rassegna artistica di 6 creativi del territorio spilimberghese

Giulio Candussio
dal 27 aprile al 25 maggio 2013 — Spilimbergo, PN, Ottica Visus di Vidotto Vania
a cura di chiara moro

“Un mosaico è un’immagine […] di frammenti di pietra, vetro-ceramica o altri materiali […] fissati per rivestire interamente o parzialmente una superficie piana, curva o anche tridimensionale e normalmente inserite in un contesto architettonico di cui dovrebbe essere parte integrante” (Peter Fisher).  L’evoluzione delle tecniche e il modernizzarsi del pensiero ha trasformato la tecnica musiva, mai mera rappresentazione, grazie alla costante ricerca di colori, luce e forma, dando modo ai progetti di essere reinventati e alla tecnica di avvicinarsi alla dimensione pittorica. La consistenza materica della molteplicità dei materiali che possono diventare tessere musive dà la possibilità di ottenere ampie campiture in continuo evolversi, grazie proprio alla luce  che taglia, attraversa e delinea gli elementi. Nella ricerca di corpi materici e forme che riuscissero a rendere concreto un pensiero e un progetto da lungo sondati, Giulio Candussio ha focalizzato il suo ultimo lavoro personale nel passaggio dall’uso dei materiali tipici dell’arte musiva, quali sassi e smalti, al costante selezionare sostanze e trame che possano dialogare fra loro non solo cromaticamente ma nella loro stessa essenza, quali legno, rame, ottone e via discorrendo. Le superfici cambiano, si addolciscono, perdono della loro brillantezza per donare una ampia gamma di sfumature e lievi linee, in continuo rapportarsi con l’ambiente, con la luce e con lo spazio, nel crearsi di nuove fisionomie. Cardine del discorso è il fattore materia-luce-colore, intrinseco alla questione musiva, e il processo di assimilazione all’architettura, intesa come opera di una collettività. Il mosaico è dialogo con lo spazio, ricerca di armonie compositive. È compito dell’architetto di inserire il mosaico nell’ambiente, in un connubio perfetto tra composizione e progettazione, contrastando la fossilizzazione delle scelte materiche e coinvolgendo nel suo divenire diversi elementi, superfici e spazi, affinché il mosaico non risulti essere un semplice banale esercizio di traduzione del cartone, ma piuttosto il risultato di un incontro in cui il progetto si anulli e lo stile dell’artista si fonda nel linguaggio delle tessere.

“Un mosaico è un’immagine […] di frammenti di pietra, vetro-ceramica o altri materiali […] fissati per rivestire interamente o parzialmente una superficie piana, curva o anche tridimensionale e normalmente inserite in un contesto architettonico di cui dovrebbe essere parte integrante” (Peter Fisher)
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Trovarmi pioggia per poi caderti dentro
in lacrime di amori,
ritrovarmi mosaico
come punta d’angolo fra specchi di sole
od una rosa al vento che piega il sentire.
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Così immenso, così disperante da concepire, come quelli che due volte accaddero. Separazione è quanto sappiamo del cielo, e quanto ci basta dell’inferno.
CIT
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Da un lago di gabbiani.
bianchi e affamati…
Vicino all’acqua d’inverno.
io e lei sollevammo.
un rosso fuoco.
(Pablo Neruda)
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Ma dove finisce il cielo?
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Riluce il giorno aperto agli uomini d’immagini. (Friedrich Hölderlin)
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Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
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Aspetto, passano i treni, il caso, gli sguardi. (Pedro Salinas)
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Se c’è una rosa Angela di più è primavera. Una rosa tu sei, vieni a piantare una rosa nei sogni miei.
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Ma ancora non canto.
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Si possono fare con i chiodi delle piccole lame per coltelli.
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Avevo due anni e pochissimi capelli in testa. Io correvo e piangevo.
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Tornano affannate nella notte, quando tacciono, per sentieri senza luna, ombre di fate, echi di maciarói e, a fior d’acqua, chiome diffuse. (Novella Cantarutti)
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Finalmente si può urlare liberamente.
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Si passano le strade deserte dove le case banche o gialle o lilla sanno di tufo e di sonno e si incontrano i capi incolti.
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Si corre più forte, con i calzoni corti e le ginocchia sbucciate; si arriva dove si doveva arrivare.
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Si aspetta, si appoggia un orecchio a terra come al cinema.
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Correvo intorno al cespuglio di biancospino cercando di sfuggire al suo becco affilato.
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L’estate ce ne venivamo in campagna ad abitare nelle due stanzette dal tetto d’eternit e con i letti di paglia, io, mia mamma, mio papà, i miei nonni e mia sorella.
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Una porta si aprirà lentamente. E allora vedrò cosa c’è dietro. C’è l’avvenire. (Simone de Beauvoir)
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Una lava di arance, una colata di morte, come un lento pianto doloroso. CIT

ottica visus di vidotto vania
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