Dario Cancian
Dal 28 settembre al 19 ottobre
Indagando le libertà date dalla fotografia naturalistica, Dario Cancian cattura dettagli microscopici, rivelando un mondo di forme, colori e strutture che sfidano la nostra percezione comune. Nell’analisi dello stato comportamentale degli insetti, nella naturalezza delle piante nel loro ambiente naturale, derivati dell’esplorazione di luoghi dove la natura è libera di esprimersi, senza alcun tipo di vincolo se non quelli dettati dalla natura stessa. È il rispetto della natura alla base di un peregrinare accorto, un viaggio straordinario e affascinante nel microcosmo che sfugge spesso all’occhio umano. Ogni immagine diventa una finestra su un regno nascosto, rivelando la bellezza intricata e sorprendente di creature spesso sottovalutate. Con geometrie e sfumature che incantano e sorprendono, Cancian si immerge in un mondo minuto e lo rende accessibile al grande pubblico. Ogni immagine è una celebrazione della diversità e della complessità della vita a scala microscopica, sottolineando la necessità di osservare con occhi nuovi anche ciò che è apparentemente minuscolo e trascurato. È così che la mostra offre una prospettiva nuova e stimolante sull’infinitamente piccolo, sfidando gli spettatori a riconsiderare il valore estetico di un mondo apparentemente limitato.
“Avveduti – Risonanza”
13a edizione – 2024
Mostre presso
Ottica Visus di Vania Vidotto, vicolo Concavo 1, Spilimbergo
Cinema Teatro Miotto, viale Barbacane 15, Spilimbergo
In collaborazione con il Comune di Spilimbergo
Dal 02 marzo al 23 marzo – Fabrizio Rigutti
Dal 14 aprile al 04 maggio – Sara Corsini
Dal 22 giugno al 13 luglio – Davide Cancian
Dal 29 luglio al 17 agosto – Juan Carlos Marzi
Dal 28 settembre al 19 ottobre – Dario Cancian
“Avveduti – Risonanza”
a cura di Chiara Moro
Fotografare, un gesto così semplice come il toccare un tasto nel nostro telefono, un movimento ripetuto infinite volte durante una giornata, nell’inconscio accumulare dettagli del mondo che ci circonda. È proprio da questo caotico cumulo di ricordi che emergono visioni nitide e pensate, un fotografare come essere testimone di un accadimento, un salvare, un dare forma a qualcosa che già esiste sotto i nostri occhi, definire con l’immobilità dello scatto. Se da un lato “fare una fotografia significa partecipare della mortalità, della vulnerabilità e della mutabilità di un’altra persona (o di un’altra cosa)”, come scrive Susan Sontag, dall’altra il potere dell’immortalità dato all’attimo fotografato attesta una precisa azione di dialogo con il tempo: l’ho fotografato, è accaduto, è già stato, è passato. La fotografia, come una cassa di risonanza, ha a che fare con l’eco, con la ripetizione. È processo insistente, è una voce inascoltata che viene improvvisamente catturata e, all’infinito, riascoltata.
Emerge dalla fotografia contemporanea un sentimento documentaristico, come se la luce stessa, catturata, provasse lei stessa sentimenti. Il termine fotografia, dal greco antico “phôs”, luce e “graphè”, scrittura o disegno, significa “disegnare con la luce”, ma anche “scrittura di luce”. Due definizioni profondamente lontane l’una dall’altra, dando al fotografo il valore di artista, creatore, scultore nel primo caso, nel disegnare qualcosa che non esiste. Se invece prendiamo la seconda definizione, quella di scrittore, ecco che la natura stessa, il tempo e gli avvenimenti si caricano di una forza mutevole ed è quindi il fotografo un mero osservatore, sebbene attento, di ciò che già esiste, fissandolo in dimensioni finite. Come sostenne il fotografo Ferdinando Scianna in una intervista, “quando documenti lo devi fare al meglio, con il diaframma giusto e alla giusta distanza dal soggetto; non hai tempo di pensare troppo alla tecnica, perché l’evento va avanti e molto di quello che accade dura giusto il tempo di pochi secondi.” La fotografia, sempre secondo la seconda definizione, non è altro che saper “scomparire davanti al soggetto” come dice Henri Cartier-Bresson, restando, al tempo stesso “abbastanza vicino” da poterlo vivere, da poterne cogliere le sfumature, come ben ci insegna la filosofia di Robert Capa. Il fotografo deve guardarsi intorno alla Paul Fusco e deve saper dosare e capire la luce alla McCurry. La bravura del fotografo sta nel dare sintonia alla definizione bressoniana del fotografare, ossia il mettere sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore.
È da questi presupposti che Avveduti 2024 diventa una sorta di archivio, grazie ad una selezione di fotografi spilimberghesi in grado di far sì che le immagini non vengano dimenticate, bensì accumulate e registrate, come chiuse in molti capitoli. Come un affascinante percorso visivo che attraversa diverse tematiche e stili, “avveduti, risonanza” offre al pubblico un’esperienza caleidoscopica dell’arte fotografica contemporanea e riflette una sensibilità alle questioni sociali, politiche e ambientali. Un momento significativo, in grado di offrire al pubblico un’occasione per esplorare il potenziale espressivo della fotografia, sottolineando la sua forza nel raccontare storie, stimolare emozioni e aprire finestre su mondi che altrimenti potrebbero rimanere invisibili.
Fabrizio Rigutti
Dal 02 marzo al 23 marzo 2024
Le fotografie di Fabrizio Rigutti, immerse in atmosfere eteree e suggestive, rinverdiscono antichi riti pagani e trasportano l’osservatore in un viaggio sensoriale che intreccia la presenza umana con la maestosità della natura. L’obiettivo è di svelare. Rigutti ha il merito di ricollegare la modernità alla profondità delle radici culturali attraverso l’attimo catturato dalla camera, facendo sì che ogni immagine sia carica di significato, come in un rituale visivo figlio di sognanti pratiche ancestrali. Attraverso una prospettiva attenta e sensibile, le fotografie raccontano storie che vanno oltre il semplice ritratto, rivelando il legame intrinseco tra esseri umani e ambiente naturale. Luci e composizione conferiscono alle immagini un’aura mistica, potenziando la dimensione emotiva e spirituale della rappresentazione. Ogni scatto sembra congelare momenti di intimità e connessione con la natura, trasmettendo al pubblico la suggestione di partecipare a un antico rituale che celebra la vita, il ciclo delle stagioni e l’interdipendenza tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Sara Corsini
Dal 14 aprile al 04 maggio 2024
I margini dello spazio sono i protagonisti assoluti delle fotografie di Sara Corsini, stimolo ad una riflessione più profonda sulla nostra interazione con il mondo costruito. L’immagine non resta solo testimonianza visiva, ma piuttosto riflessione sulla relazione complessa tra architettura e umanità. Corsini realizza con certezza l’esistenza dei luoghi che fotografa, ma non ne fornisce elementi di identità. Non luoghi bensì accenni, una sfida a ricostruire un paesaggio che non esiste più nell’attimo successivo all’averlo fotografato. Ogni scatto sembra catturare il dialogo silenzioso tra gli edifici e coloro che li abitano o li attraversano, in una narrazione fatta di linee, forme e sfumature. Nelle vesti di narratore, Corsini conduce il visitatore attraverso una scoperta sensoriale degli spazi, sottolineano il ruolo cruciale della luce nell’alterare la percezione di un edificio e nel creare connessioni emotive tra l’ambiente costruito e gli individui. Un paesaggio urbano italiano, come scrive Quintavalle, “sostanzialmente escluso […] che però è anche il solo che conosciamo, comprendiamo, viviamo perché è il solo che possiamo considerare in diretto rapporto con la nostra dissociata esistenza”.
Davide Cancian
Dal 22 giugno al 13 luglio 2024
Con una sorta di irrequietezza dello sguardo, spinto dalla passione per l’immagine, la pesca alimenta l’interesse costruttivo di Davide Cancian. Qui posa i suoi occhi, si ferma, dando voce al mondo naturale e donando significato ai segni di cui si compone il soggetto, segni che in assenza del suo intervento resterebbero confinati nel silenzio. Cancian sembra dire che per raccontare non occorre prendersi sul serio. Osserva i dettagli già presenti nel soggetto, si limita a togliere loro veli e coperture, li svela, li scopre. È così che la catalogazione delle specie ittiche del Tirreno diventa un gioco di forme e di significati. Cancian si distingue per la sua capacità di trasformare l’osservazione scientifica in un’esperienza visiva avvincente; se da un lato il fotografo si ritrova, si potrebbe dire suo malgrado, ad essere mero osservatore di un mondo sottratto alla sua volontà, dall’altra è proprio quest’ultimo a decidere come mostrarsi all’osservatore. In ogni caso, il dato rilevante è il pesce stesso, nel suo racconto muto e immutabile.
Juan Carlos Marzi
Dal 29 luglio al 17 agosto 2024
Lo sguardo di Juan Carlos Marzi scruta, senza ipocrisia e perbenismo, la profonda umanità che proviene dai corpi e dalle espressioni. Marzi, con occhio attento, riesce a estrarre bellezza dai momenti più semplici, trasformando lo scorrere ordinario del quotidiano in una serie di quadri vibranti. Le immagini si concentrano sulle persone comuni, catturate nella loro quotidianità, dando vita a una narrazione visiva che abbraccia la diversità e la complessità della vita urbana. Ciò che sorprende è la mancanza di finzione, quasi che la presenza fisica di Marzi sia neutralizzata da una naturale contiguità con i soggetti fotografati. Attraverso la street photography, Marzi riesce a trasmettere emozioni, stimolare riflessioni e offrire una finestra su mondi spesso trascurati, mostrando la sua capacità di entrare in empatia con i soggetti, indipendentemente dalla loro condizione. L’interesse è verso l’imperfetta normalità della vita quotidiana, poiché ciò che conta è mostrare il soggetto nella sua dignitosa dimensione reale, senza alcuna forma di enfasi. Per Marzi fotografare non è prendere con violenza, ma curarsi del soggetto che si fotografa, prenderlo insieme, comprenderlo. Il suo percorso diventa così una testimonianza visiva dell’umanità in movimento, rivelando il suo lato intimo e autentico attraverso la lente fotografica.
Dario Cancian
Dal 28 settembre al 19 ottobre 2024
Indagando le libertà date dalla fotografia naturalistica, Dario Cancian cattura dettagli microscopici, rivelando un mondo di forme, colori e strutture che sfidano la nostra percezione comune. Nell’analisi dello stato comportamentale degli insetti, nella naturalezza delle piante nel loro ambiente naturale, derivati dell’esplorazione di luoghi dove la natura è libera di esprimersi, senza alcun tipo di vincolo se non quelli dettati dalla natura stessa. È il rispetto della natura alla base di un peregrinare accorto, un viaggio straordinario e affascinante nel microcosmo che sfugge spesso all’occhio umano. Ogni immagine diventa una finestra su un regno nascosto, rivelando la bellezza intricata e sorprendente di creature spesso sottovalutate. Con geometrie e sfumature che incantano e sorprendono, Cancian si immerge in un mondo minuto e lo rende accessibile al grande pubblico. Ogni immagine è una celebrazione della diversità e della complessità della vita a scala microscopica, sottolineando la necessità di osservare con occhi nuovi anche ciò che è apparentemente minuscolo e trascurato. È così che la mostra offre una prospettiva nuova e stimolante sull’infinitamente piccolo, sfidando gli spettatori a riconsiderare il valore estetico di un mondo apparentemente limitato.